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of Antique Silver ASSOCIATION OF SMALL COLLECTORS OF ANTIQUE SILVER
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di Giovanni Ciceri
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DIECI PASSI PER VERIFICARE E REGISTRARE L'AUTENTICITA' DI UN ARGENTO ANTICO

(Esempio pratico di una caffettiera inglese di periodo Giorgio II)

Verificare l’autenticità di un argento antico non è sempre agevole. La cosa più ovvia è rimettersi al giudizio di un esperto, sotto forma di certificato, che è sempre il caso di chiedere al momento dell’acquisto.
L’alternativa, per un collezionista che intende acquisire oggetti al di fuori dei circuiti di vendita classici, è quella di informarsi il più possibile sulla storia e l’evoluzione stilistica dell’oggetto che si intende acquisire. Inoltre, occorre adottando un metodo di esame rigoroso e pragmatico, cercando di non farsi influenzare da fattori emotivi che potrebbero pregiudicare la corretta valutazione del pezzo. A titolo esemplificativo valuteremo insieme l’autenticità di uno dei pezzi più importanti della mia collezione, una caffettiere inglese di periodo Giorgio II risalente al 1745.
Poniamo sul tavola la caffettiera e cominciamo con l’esame che si compie attraverso 10 fasi consecutive.

coffee pot Thomas Whipham 1745/6


1. Valutazione visiva dell’oggetto e rilievo dei dati fisici (peso e misure)
Per prima cosa facciamo un esame fisico grossolano della caffettiera: altezza 25 cm; peso 820 g; nessun evidenza di argentatura con scopertura di un eventuale metallo di base diverso dall’argento: sembra proprio un pezzo di notevole consistenza come era uso produrre a metà settecento in Inghilterra.

2. Ricerca ed esame dei marchi di garanzia, prima singolarmente e poi nel loro complesso

coffee pot's hallmarks Ora cerchiamo i marchi di garanzia. Come spesso accade se questi sono posti in una posizione poco protetta saranno quasi sicuramente usurati dalle ripetute pulizie che l'oggetto ha subito nel tempo. Se, come in questo caso, sono posti in linea a partire da una parte che offre maggiore protezione (il manico) l'usura sarà maggiore a mano a mano che ci si sposta verso il corpo centrale dell'oggetto.
E in realtà il primo marchio, posto vicino al manico è il più leggibile e corrisponde al marchio dell'argentiere Thomas Whipham (nota 1), operante a Londra attorno alla metà del XVIII secolo.
Il secondo marchio è il leone passante, poco visibile nella parte superiore, ma la forma del punzone è inconfondibile e corrisponde al XIV ciclo di marchi di Londra e, in particolare è stato utilizzato solo tra il 1739 ed 1755 (vedi http://www.argentinglesi.com/london.php ). Se fosse più visibile ci si accorgerebbe che il leone ha lo sguardo rivolto verso chi l'osserva, caratteristica che ha mantenuto (almeno a Londra) fino al 1820.
Il terzo marchio corrisponde alla lettera dataria, che è anch'essa poco leggibile, ma non è difficile leggere una k contenuta nel cartiglio tipico della citata XIV serie di marchi.
L'ultimo marchio, che dovrebbe essere la testa di leopardo incoronata, simbolo dell'ufficio di controllo di Londra, non è per nulla leggibile, ma gli altri marchi sono sufficienti a stabilire che la caffettiera è stata marcata a Londra tra il maggio del 1745 e l'aprile del 1746. Un ulteriore aiuto dovrebbe arrivarci dai marchi impressi all'interno del coperchio (il leone passante ed il marchio dell'argentiere o, almeno, in questa epoca, il leone passante), ma all'interno del coperchio non si trova alcun marchio: annotiamo questo fatto (che riprenderemo più avanti) e continuiamo con il nostro esame.

3. Congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi e l’effettiva esistenza in questa data dell’oggetto
Una volta datato l’oggetto leggendo i marchi di garanzia, poniamoci la domanda: nel 1751 le caffettiere venivano già prodotte in Inghilterra? La risposta è affermativa, il primo esempio noto risale al 1681 ed è conservato nella British Gallery del Victoria & Albert Museum di Londra. Prima caffettiera conosciuta, (George Garthorne ?), Londra 1681-2 (Victoria & Albert Museum)

4. Congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi ed il particolare modello
Stabilito che il nostro oggetto veniva già prodotto nel 1745 ci si deve ora chiedere se durante il regno di Giorgio II si usassero simili modelli. Anche qui la risposta è affermativa: la nostra caffettiera (il modello è chiamato 'piega alla base') risponde ai canoni tipici dei manufatti prodotti tra il 1740 ed il 1760 ( Ian Pickford, 2003. Starting to Collect Antique Silver - Antiques Collector's Club, e Peter Waldrom, 2001. The price guide of antique silver. Antiques Collector's Club).
Non solo, ma il fatto che il piedistallo non è ricavato per fusione ma con la tecnica del 'raising' (sagomatura a martello da una lastra piana) e la piegatura alla base non tendere ancora alla forma a balaustro, può suggerire che l’epoca di realizzazione cada tra il 1740 ed il 1750. Il particolare coperchio che non presenta alcun invito per il suo inserimento stabile sulla caffettiera, ma che si limita ad avvolgerne l’imboccatura, è tipico dei manufatti realizzati a cavallo della data ricavabile dai marchi di garanzia (Ian Pickford, 2003. Starting to Collect Antique Silver - Antiques Collector's Club). Pare poi che non sia raro trovare caffettiere con questo tipo di coperchio prive di marcatura all’interno dello stesso (Ian Pickford, 2003. Starting to Collect Antique Silver - Antiques Collector's Clu
b).

5. Verifica dei dettagli del particolare modello (beccuccio, manico, piedini, pomello, ecc.)
Passiamo ora ad una più attenta valutazione delle finiture e delle decorazioni.
cover's detail spout's detail handle's detail
Abbiamo già rilevato come la forma leggermente bombata alla base sia tipica del periodo centrale del regno di Giorgio II, così come le semplici e squisite decorazioni, ottenute per fusione, del beccuccio e delle giunzioni del manico.
Il manico di legno è un imperativo, visto che quelli in argento isolati con interruttori di avorio iniziano ad essere utilizzati (almeno per le caffettiere) dal XIX secolo.
handle detail Al massimo sarebbe accettabile un manico in argento di un pezzo unico isolato con paglia di fiume o cuoio (come quello della prima caffettiera inglese del V&A Museum). Anche il pomello del coperchio e riconducibile ad uno dei modelli in uso nel periodo.

 

6. Congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi e lo stile delle eventuali decorazioni presenti
Nel 1745 siamo in pieno periodo rococò, ed è proprio tra il 1745 ed il 1750 che questo tipo di caffettiera comincia a risentire dell’irrefrenabile influsso dell’ormai omnipresente stile di importazione francese. Il rococò comincia ad influenzare anche quegli oggetti (come le caffettiere, i boccali ed i tankard) che fino ad allora erano rimasti fedeli al classico stile liscio inglese (denominato a volte Regina Anna).
La caffettiera in oggetto è tra quelle rimaste fedeli alla tradizione inglese (l’unico 'difetto' è l’assenza di uno stemma araldico che ne avrebbe sicuramente accresciuto la bellezza). Tutto sommato, sarebbe stato più difficoltoso valutare l’originalità di una decorazione rococò, anche su un pezzo di questa epoca.

7. Individuazione della tecnica di realizzazione e congruenza con l’epoca dell’oggetto
Ora dobbiamo valutare la caffettiera dal punto di vista tecnico, vale a dire consistenza e modalità con la quale è stata realizzata.
A metà settecento esistevano solo due modi per realizzare una caffettiera (e molti altri oggetti come teiere, salsiere, pepiere, lattiere e zuccheriere)(Ian Pickford, 2003. Starting to Collect Antique Silver - Antiques Collector's Club). La prima tecnica, adottata dagli argentieri più famosi e rinomati, consisteva nel creare il corpo dell’oggetto semplicemente martellando con pazienza ed abilità infinite una lastra piana di argento ('raising'), ottenendo un prodotto di elevata qualità come consistenza e peso.
Una seconda tecnica, adottata dalla maggior parte degli argentieri dell’epoca, consisteva nel ricavare con l’impegnativa tecnica del 'raising' solo alcune parti della caffettiera (almeno la base, ed il coperchio, dato che le altre parti potevano anche essere prodotte a fusione), mentre il grosso dell’oggetto (il corpo) era ottenuto per calandratura di una lastra piana, saldandola alla giunzione dei due estremi ('seaming') e lavorando il cilindro così ottenuto a martello per impartirle la forma desiderata.
Il fondo veniva saldato alla base della caffettiera ed il manico affrancato in corrispondenza della giunzione verticale della lastra per dare all’oggetto maggiore consistenza.

cover's insidel coffee pot's inside Un'ispezione visiva dell'interno della caffettiera mostra come questa sia stata ottenuta con la tecnica del 'seaming' essendo ben visibile la saldatura verticale in corrispondenza del manico e quella in corrispondenza della base.
Il coperchio è stato invece realizzato con la tecnica 'raising', con assenza di saldature e presenza di numerosi segni di martellature che, solitamente, non venivano eliminati per ulteriore martellatura con martelli sempre più leggeri e levigati come invece avveniva per la finitura delle parti esterne.
Il beccuccio ed le parti dove è affrancato il manico sembrano invece (per la particolare consistenza e spessore dell'argento) realizzate a fusione (probabilmente il beccuccio è fuso in due parti speculari poi saldate tra loro).
La consistenza di una caffettiera realizzata con questa tecnica è minore di quella ottenuta con la tecnica del 'raising' ed il peso dell'oggetto può variare considerevolmente.
Nel nostro caso la consistenza ed il peso sono comunque notevoli, e non a caso l'argentiere Thomas Whipham è riportato come un buon e prolifico specialista di caffettiere e teiere (Ian Pickford, 2003. Starting to Collect Antique Silver - Antiques Collector's Club, Woodbridge, Suffolk - UK). Occorre dire che esiste anche un'altra tecnica di realizzazione ('spinning'), che consiste nel modellare al tornio una fine lastra di argento, ottenendo un oggetto privo di saldature, ma poco consistente e di peso decisamente inferiore.
Questo metodo, che porta ad oggetti completamente privi di segni di martellature (a meno di aggiunte posticce al fine di confondere l'acquirente), è stato introdotto con la rivoluzione industriale ed applicato su larga scala a partire dall'inizio del XIX secolo. Ovviamente la nostra caffettiera non potrebbe essere stata realizzata con questa tecnica.

8. Individuazione di eventuali frodi ed alterazioni
Sebbene le informazioni raccolte siano sufficienti per valutare l’autenticità della nostra caffettiera, tutti gli oggetti in argento di una certa dimensione e peso realizzati in Inghilterra tra il 1720 ed il 1757 devono essere attentamente esaminati per capire se siano stati o meno sottoposti alla pratica del cosiddetto 'duty dodging', vale a dire degli espedienti adottati da alcuni argentieri finalizzati alla parziale o totale evasione del dazio.
Il problema nasce nel 1720 in concomitanza della reintroduzione dello 'sterling standard', dopo più di un ventennio durante il quale era stato obbligatorio il 'britannia standard' (vale a dire il titolo a 958,4/1000). In quella data viene imposto un dazio sulla produzione e vendita di argenteria pari a 6 penny/oncia di argento.
Attualizzando il prezzo dell’argento ed il valore della sterlina a quello odierno, ciò equivale, per un oggetto del peso di circa 800 grammi, ad una cifra attorno agli 80-90 Euro (il prezzo dell’argento nel 1745 equivaleva agli attuali 1400 Euro/kg).
Questa cifra che può sembrare irrisoria non era molto lontana da quanto intascava l’argentiere per l’esecuzione dell’oggetto e la tentazione di raddoppiare il proprio compenso era grande, nonostante la pena prevista per la contraffazione dei marchi fosse quella capitale. Il trucco consisteva nel mandare alla marcatura un piccolo oggetto (un cucchiaino o una piccola saliera) sui quali si pagava poco dazio, per poi ritagliarne i marchi per saldarli su pezzi di peso molto più elevato.
E’ evidente che questa è una frode fiscale più che un modo per imbrogliare l’acquirente che comunque entrava in possesso di un pezzo autentico ma, non di meno rappresenta un qualche cosa che tende a far diminuire considerevolmente il valore del pezzo sul mercato collezionistico.
Per capire se il pezzo sia stato o meno sottoposto a 'duty dodging' occorre esaminare attentamente la posizione dei marchi. In questa epoca questi potevano essere impressi alla sommità del corpo della caffettiera, partendo dal manico (in questo caso sono sempre posti in linea) o sotto la base della caffettiera (in questo caso il marchio dell’argentiere era posto centralmente e gli altri marchi in cerchio, ad una distanza all’incirca uguale dal marchio dell’argentiere).
Solitamente le caffettiere sottoposte a questa pratica hanno i marchi al di sotto della base, essendo questa una posizioni 'nascosta' dove non risulta subito evidente l’operazione di saldatura dei marchi trasposti.
In particolare se questi sono posti in linea al di sotto della base, si è quasi certi che si tratti di 'duty dodging', probabilmente ricavati da un cucchiaino (nota 2). Se sono posti in circolo occorre invece accertarsi che sia rispettata l’equidistanza dal marchio centrale, altrimenti, se risultano posizionati a casaccio, potrebbe trattarsi di un 'duty dodging' (nota 3).
La presenza di marchi trasposti è spesso agevole da evidenziare in quanto con il tempo le saldature (realizzate con argento a titolo inferiore allo sterling) tendono ad ossidarsi segnando il contorno dove sono stati saldati. In caso di dubbio è sufficiente alitare sui marchi (o meglio scaldarli con una fiamma) per vedere se si forma un alone in corrispondenza della linea di saldatura. Ma non si deve credere che queste frodi siano sempre così semplici da mettere in evidenza (ricordiamoci che l’argentiere rischiava la pena di morte o la deportazione per diversi anni).
Una tecnica 'quasi' infallibile consisteva nel saldare al di sotto del pezzo (solitamente caffettiere, teiere e grandi coppe a due manici) i marci ricavati da una piccola saliera che veniva aperta e martellata fino a ricavarne un disco di grandezza opportuna. La saldatura era effettuata in corrispondenza di quella tra il corpo dell’oggetto, la base ed il piedistallo, e per smascherare una simile pratica è necessario smontare l’oggetto per evidenziare l’esistenza di un doppio fondo. In questi casi un certo aiuto può essere fornito dalla presenza dei cosiddetti “gost marks” vale a dire i segni lasciati dalla punzonatura all’interno del pezzo.
Se questi sono presenti e se corrispondono come posizione a quelli posti sulla parte esterna, si può escludere la presenza di un doppio fondo. Se sono assenti i casi sono due: o si tratta di un 'duty dodging' o gli stessi sono stati tolti dall’argentiere in fase di finitura dell’oggetto (nota 4).
Detto questo e fatti gli opportuni accertamenti, non esiste evidenza, nel caso della nostra caffettiera, di trasposizioni di marchi o di 'duty dodging'.

9. Valutazione dello stato di conservazione e ricerca di eventuali difetti e riparazioni
La valutazione dello stato di conservazione è essenziale in quando un oggetto antico perde molto del suo fascino e del suo valore se sottoposto ad importanti restauri, anche se ben eseguiti, o, addirittura, ad aggiunte o rifacimento di intere parti.
In Inghilterra molti argenti hanno rappresentato veri e propri oggetti d’uso comune per molte generazioni all’interno della stessa famiglia. Non è quindi raro trovare oggetti sottoposti a riparazioni o con parti risaldate.
Questo, tuttavia, rappresenta qualche cosa che il collezionista tende ad evitare, preferendo oggetti non in perfette condizioni (sempre che difetti non sono deturpanti) ma privi d’interventi posticci.
Occorre dire che eventuali aggiunte operate nell’epoca della nostra caffettiera non erano soggette all’obbligo di marcature (che viene imposto solo a partire dal 1797). Le parti riparate sono solitamente ben visibili in quanto la lega utilizzata per la saldatura era a più basso contenuti di argento e quindi di colore giallastro (in qualche caso veniva utilizzato il piombo, col risultato che le saldature si annerivano con il tempo).
Nel nostro caso è evidenziabile solo un piccolo restauro del pomello all’interno del coperchio. La bava lasciata dalla saldatura è inconfondibile in quanto difficilmente gli argentieri affrancavano il pomello in modo tale che la saldatura fosse visibile nella parte interna della caffettiera.
La presenza di ammaccature e striature non è invece un fattore particolarmente penalizzante, a meno che queste non ne deturpino in modo evidente la bellezza e la stabilità. Semmai qualche piccolo segno non fa altro che conferire un po’ di carattere ad un oggetto antico, oltre al fatto che trovare oggetti di 250 anni (soprattutto oggetti d’uso e non da esposizione) intonsi come appena usciti da una fabbrica dovrebbe far insorgere qualche sospetto.
Esaminiamo ora la condizione della superficie della caffettiera: questa appare smussata dalle ripetute operazioni di pulizie che, fortunatamente, non sono mai state tanto energiche da togliere o compromettere la bellezza della patina che ha assunto con il tempo uno splendido colore grigio.
Una profonda e non appropriata pulizia può rovinare irreparabilmente l’oggetto, facendogli perdere parte del suo valore collezionistico ed economico.
Sebbene non sia presente alcun stemma nobiliare, non sono evidenziabili segni di abrasione o riduzione dello spessore di argento, per cui possiamo concludere che la nostra caffettiera non è mai stata personalizzata per incisione.

10. Catalogazione finale dell’oggetto
Possiamo ora catalogare la caffettiera come:
Caffettiera inglese di periodo Giorgio II, realizzata a Londra dall’argentiere Thomas Whipham (marchio TW in carattere corsivo maiuscolo in cartiglio contornante le lettere), e portante i marchi di Londra del 1745/6: leone passante (garanzia del titolo 'sterling' per l’argento inglese) e lettera dataria k, entrambi nel tipico cartiglio in uso tra il 1739 ed il 1755).
Marchi di garanzia poco leggibili (illeggibile il marchio dell’ufficio di controllo) e non presenti all’interno del coperchio (come in altri esemplari dello stesso modello e dello stesso periodo).
Tipico modello('piega alla base') in voga tra il 1740 ed il 1750/60, privo di decorazioni applicate sul corpo e non portante impresso alcun stemma araldico. Modello con coperchio privo di invito interno.
Realizzazione completamente manuale: corpo realizzato con la tecnica di 'cucitura'; altre parti realizzate con tecnica del 'sollevamento a martello' (coperchio, base e piedistallo) o a fusione (pomello, beccuccio e alcune parti della giunzione del manico). Manico in legno di albero da frutto non verniciato.
Dimensioni: altezza 25 cm, ampiezza alla base 12 cm; peso complessivo 820 g.
Stato di conservazione molto buono con manico e pomello saldamente affrancati. Presenza di un paio di lievi ammaccature nella parte inferiore del corpo e una lieve torsione del piedistallo che non ne pregiudica la stabilità. Tracce di saldatura all’interno del coperchio ed in corrispondenza del pomello, probabile conseguenza di una riparazione.
Nessuna evidenza di trasposizione di marchi, alterazioni ed aggiunte posticce.


Riassumiamo i vari passi delle verifica:
1. valutazione visiva dell’oggetto e rilievo dei dati fisici (peso e misure);
2. ricerca ed esame dei marchi di garanzia, prima singolarmente e poi nel loro complesso;
3. congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi e l’effettiva esistenza in questa data dell’oggetto;
4. congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi ed il particolare modello;
5. verifica dei dettagli del particolare modello (beccuccio, manico, piedini, pomello, ecc.);
6. congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi e lo stile delle eventuali decorazioni presenti;
7. individuazione della tecnica di realizzazione e congruenza con l’epoca dell’oggetto;
8. individuazione di eventuali frodi ed alterazioni;
9. valutazione dello stato di conservazione e ricerca di eventuali difetti e riparazioni;
10. catalogazione finale dell’oggetto con inclusione di dettagli su dimensioni, peso, argentiere, stile e modello, data di realizzazione, città dove è stato realizzato e marcato, presenza di imperfezioni, danni e riparazioni, frodi e addizioni posticce e altre informazioni che possono accrescerne o diminuirne il valore collezionistico ed economico.


 

Note
(1) Il marchio dell’argentiere (iniziali del nome e del cognome) è conforme ad un editto del 1739 con il quale si stabiliva la distruzione di tutti i marchi utilizzati in passato (quelli costituiti dalle prime due lettere del cognome e utilizzati per marcare gli argenti a titolo 'britannia') oltre a quelli costituiti dalle iniziali di nome e cognome utilizzati per la marcatura degli oggetti a titolo 'sterling'.
E’ proprio dopo tale data che per diversificare i vari marchi, gli argentieri tendono ad adottare marchi con le iniziali di nome e cognome scritti in italico, gotico o corsivo.

(2) Attenzione a non generalizzare questa affermazione che ha valore solo per gli oggetti realizzati nel periodo indicato e marcati a Londra o in altri uffici allora operativi come Exeter e Newcastle. Ci sono esempi di caffettiere marcate negli uffici di provincia (soprattutto a Sheffield a partire dall’inizio del XIX secolo) con marchi posti in linea nella parte al di sotto della base.

(3) Chi decideva la posizione dei marchi era l’argentiere, il quale a lavoro ultimato e prima delle rifiniture finali, doveva marcare l’oggetto ed inviarlo all’Ufficio di Controllo per la marcatura con i marchi di garanzia.
Una volta che il titolo dell’argento era stato verificato e l’oggetto marcato, il pezzo ritornava all’argentiere per la finitura.
Sono tuttavia note caffettiere, realizzate tra il 1745 ed il 1760 con il marchio dell’argentiere posizionato sotto la base ed i restanti marchi in linea, a partire dal manico, sotto l’imboccatura: non è chiaro se la marcatura sia stata fatta volontariamente dall’Ufficio di Controllo in quella posizione per ridurre il rischio di evasione del dazio.

(4) Una simile finitura era praticata soprattutto su zuccheriere e coppe a due manici, ma raramente era eseguita sulle caffettiere nelle quali la parte interna era solitamente lasciata allo stato 'grezzo' con evidenti segni di martellature e saldature
 
Riferimenti bibliografici

Ian Pickford, 1991. Pocket Edition Jackson's Hallmarks: English, Scottish, Irish Silver and Gold Marks from 1300 to Present Day. Antiques Collector's Club, Woodbridge, Suffolk (UK)
Charles J. Jackson, 1964. English Goldsmiths and their marks - A history of the goldsmiths and plate workers of England, Scotland and Ireland. Seconda Edizione, riveduta e corretta. Dover Publications Inc., New York.
Seymour B. Wyler, 1937. The Book of Old Silver : English, American, Foreign. Crown Publisher Inc. New York (USA).
Ian Pickford, 2003. Starting to Collect Antique Silver - Antiques Collector's Club, Woodbridge, Suffolk (UK).
Peter Waldrom, 2001. The price guide of antique silver. Antiques Collector's Club, Woodbridge, Suffolk (UK).
 
Giovanni Ciceri - 2005 -
http://www.argentinglesi.com