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DIECI PASSI PER VERIFICARE E REGISTRARE L'AUTENTICITA' DI UN ARGENTO
ANTICO
(Esempio pratico di una caffettiera inglese di periodo Giorgio II)
Verificare l’autenticità di un argento antico non è sempre agevole.
La cosa più ovvia è rimettersi al giudizio di un esperto, sotto forma di
certificato, che è sempre il caso di chiedere al momento dell’acquisto.
L’alternativa, per un collezionista che intende acquisire oggetti al di
fuori dei circuiti di vendita classici, è quella di informarsi il più
possibile sulla storia e l’evoluzione stilistica dell’oggetto che si
intende acquisire. Inoltre, occorre adottando un metodo di esame
rigoroso e pragmatico, cercando di non farsi influenzare da fattori
emotivi che potrebbero pregiudicare la corretta valutazione del pezzo. A
titolo esemplificativo valuteremo insieme l’autenticità di uno dei pezzi
più importanti della mia collezione, una caffettiere inglese di periodo
Giorgio II risalente al 1745.
Poniamo sul tavola la caffettiera e cominciamo con l’esame che si compie
attraverso 10 fasi consecutive.
1. Valutazione visiva dell’oggetto e rilievo dei dati fisici (peso e
misure)
Per prima cosa facciamo un esame fisico grossolano della
caffettiera: altezza 25 cm; peso 820 g; nessun evidenza di argentatura
con scopertura di un eventuale metallo di base diverso dall’argento:
sembra proprio un pezzo di notevole consistenza come era uso produrre a
metà settecento in Inghilterra.
2. Ricerca ed esame dei marchi di garanzia, prima singolarmente e poi
nel loro complesso
Ora cerchiamo i marchi di garanzia. Come
spesso accade se questi sono posti in una posizione poco protetta
saranno quasi sicuramente usurati dalle ripetute pulizie che
l'oggetto ha subito nel tempo. Se, come in questo caso, sono posti
in linea a partire da una parte che offre maggiore protezione (il
manico) l'usura sarà maggiore a mano a mano che ci si sposta verso
il corpo centrale dell'oggetto.
E in realtà il primo marchio, posto vicino al manico è il più
leggibile e corrisponde al marchio dell'argentiere Thomas Whipham (nota
1), operante a Londra attorno alla metà del XVIII secolo.
Il secondo marchio è il leone passante, poco visibile nella parte
superiore, ma la forma del punzone è inconfondibile e corrisponde al
XIV ciclo di marchi di Londra e, in particolare è stato utilizzato
solo tra il 1739 ed 1755
(vedi http://www.argentinglesi.com/london.php ). Se fosse più
visibile ci si accorgerebbe che il leone ha lo sguardo rivolto verso
chi l'osserva, caratteristica che ha mantenuto (almeno a Londra)
fino al 1820.
Il terzo marchio corrisponde alla lettera dataria, che è anch'essa
poco leggibile, ma non è difficile leggere una k contenuta nel
cartiglio tipico della citata XIV serie di marchi.
L'ultimo marchio, che dovrebbe essere la testa di leopardo
incoronata, simbolo dell'ufficio di controllo di Londra, non è per
nulla leggibile, ma gli altri marchi sono sufficienti a stabilire
che la caffettiera è stata marcata a Londra tra il maggio del 1745 e
l'aprile del 1746. Un ulteriore aiuto dovrebbe arrivarci dai marchi
impressi all'interno del coperchio (il leone passante ed il marchio
dell'argentiere o, almeno, in questa epoca, il leone passante), ma
all'interno del coperchio non si trova alcun marchio: annotiamo
questo fatto (che riprenderemo più avanti) e continuiamo con il
nostro esame. |
3. Congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi e l’effettiva
esistenza in questa data dell’oggetto
Una volta datato l’oggetto leggendo i marchi di garanzia, poniamoci
la domanda: nel 1751 le caffettiere venivano già prodotte in
Inghilterra? La risposta è affermativa, il primo esempio noto risale al
1681 ed è conservato nella British Gallery del Victoria & Albert Museum
di Londra. Prima caffettiera conosciuta, (George Garthorne ?), Londra
1681-2 (Victoria & Albert Museum)
4. Congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi ed il particolare
modello
Stabilito che il nostro oggetto veniva già prodotto nel 1745 ci si
deve ora chiedere se durante il regno di Giorgio II si usassero simili
modelli. Anche qui la risposta è affermativa: la nostra caffettiera (il
modello è chiamato 'piega alla base') risponde ai canoni tipici dei
manufatti prodotti tra il 1740 ed il 1760 ( Ian Pickford, 2003.
Starting to Collect Antique Silver - Antiques Collector's Club, e Peter
Waldrom, 2001. The price guide of antique silver. Antiques Collector's
Club).
Non solo, ma il fatto che il piedistallo non è ricavato per fusione ma
con la tecnica del 'raising' (sagomatura a martello da una lastra piana)
e la piegatura alla base non tendere ancora alla forma a balaustro, può
suggerire che l’epoca di realizzazione cada tra il 1740 ed il 1750. Il
particolare coperchio che non presenta alcun invito per il suo
inserimento stabile sulla caffettiera, ma che si limita ad avvolgerne
l’imboccatura, è tipico dei manufatti realizzati a cavallo della data
ricavabile dai marchi di garanzia (Ian Pickford, 2003. Starting to
Collect Antique Silver - Antiques Collector's Club). Pare poi che
non sia raro trovare caffettiere con questo tipo di coperchio prive di
marcatura all’interno dello stesso (Ian Pickford, 2003. Starting to
Collect Antique Silver - Antiques Collector's Club).
5. Verifica dei dettagli del
particolare modello (beccuccio, manico, piedini, pomello, ecc.)
Passiamo ora ad una più attenta valutazione delle finiture e delle
decorazioni.
Abbiamo già rilevato come la forma leggermente bombata
alla base sia tipica del periodo centrale del regno di Giorgio II,
così come le semplici e squisite decorazioni, ottenute per fusione,
del beccuccio e delle giunzioni del manico.
Il manico di legno è un imperativo, visto che quelli in argento
isolati con interruttori di avorio iniziano ad essere utilizzati
(almeno per le caffettiere) dal XIX secolo.
Al massimo sarebbe accettabile un manico in argento di un pezzo
unico isolato con paglia di fiume o cuoio (come quello della prima
caffettiera inglese del V&A Museum). Anche il pomello del coperchio
e riconducibile ad uno dei modelli in uso nel periodo.
|
6. Congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi e lo stile delle
eventuali decorazioni presenti
Nel 1745 siamo in pieno periodo rococò, ed è proprio tra il 1745 ed
il 1750 che questo tipo di caffettiera comincia a risentire
dell’irrefrenabile influsso dell’ormai omnipresente stile di
importazione francese. Il rococò comincia ad influenzare anche quegli
oggetti (come le caffettiere, i boccali ed i tankard) che fino ad allora
erano rimasti fedeli al classico stile liscio inglese (denominato a
volte Regina Anna).
La caffettiera in oggetto è tra quelle rimaste fedeli alla tradizione
inglese (l’unico 'difetto' è l’assenza di uno stemma araldico che ne
avrebbe sicuramente accresciuto la bellezza). Tutto sommato, sarebbe
stato più difficoltoso valutare l’originalità di una decorazione rococò,
anche su un pezzo di questa epoca.
7. Individuazione della tecnica di realizzazione e congruenza con
l’epoca dell’oggetto
Ora dobbiamo valutare la caffettiera dal punto di vista tecnico,
vale a dire consistenza e modalità con la quale è stata realizzata.
A metà settecento esistevano solo due modi per realizzare una
caffettiera (e molti altri oggetti come teiere, salsiere, pepiere,
lattiere e zuccheriere)(Ian Pickford, 2003. Starting to Collect
Antique Silver - Antiques Collector's Club). La prima tecnica,
adottata dagli argentieri più famosi e rinomati, consisteva nel creare
il corpo dell’oggetto semplicemente martellando con pazienza ed abilità
infinite una lastra piana di argento ('raising'), ottenendo un prodotto
di elevata qualità come consistenza e peso.
Una seconda tecnica, adottata dalla maggior parte degli argentieri
dell’epoca, consisteva nel ricavare con l’impegnativa tecnica del
'raising' solo alcune parti della caffettiera (almeno la base, ed il
coperchio, dato che le altre parti potevano anche essere prodotte a
fusione), mentre il grosso dell’oggetto (il corpo) era ottenuto per
calandratura di una lastra piana, saldandola alla giunzione dei due
estremi ('seaming') e lavorando il cilindro così ottenuto a martello per
impartirle la forma desiderata.
Il fondo veniva saldato alla base della caffettiera ed il manico
affrancato in corrispondenza della giunzione verticale della lastra per
dare all’oggetto maggiore consistenza.
Un'ispezione visiva dell'interno della caffettiera mostra come
questa sia stata ottenuta con la tecnica del 'seaming' essendo ben
visibile la saldatura verticale in corrispondenza del manico e
quella in corrispondenza della base.
Il coperchio è stato invece realizzato con la tecnica 'raising', con
assenza di saldature e presenza di numerosi segni di martellature
che, solitamente, non venivano eliminati per ulteriore martellatura
con martelli sempre più leggeri e levigati come invece avveniva per
la finitura delle parti esterne.
Il beccuccio ed le parti dove è affrancato il manico sembrano invece
(per la particolare consistenza e spessore dell'argento) realizzate
a fusione (probabilmente il beccuccio è fuso in due parti speculari
poi saldate tra loro).
La consistenza di una caffettiera realizzata con questa tecnica è
minore di quella ottenuta con la tecnica del 'raising' ed il peso
dell'oggetto può variare considerevolmente.
Nel nostro caso la consistenza ed il peso sono comunque notevoli, e
non a caso l'argentiere Thomas Whipham è riportato come un buon e
prolifico specialista di caffettiere e teiere (Ian Pickford, 2003.
Starting to Collect Antique Silver - Antiques Collector's Club, Woodbridge,
Suffolk - UK). Occorre dire che esiste anche un'altra tecnica di
realizzazione ('spinning'), che consiste nel modellare al tornio una
fine lastra di argento, ottenendo un oggetto privo di saldature, ma
poco consistente e di peso decisamente inferiore.
Questo metodo, che porta ad oggetti completamente privi di segni di
martellature (a meno di aggiunte posticce al fine di confondere
l'acquirente), è stato introdotto con la rivoluzione industriale ed
applicato su larga scala a partire dall'inizio del XIX secolo.
Ovviamente la nostra caffettiera non potrebbe essere stata
realizzata con questa tecnica. |
8. Individuazione di eventuali frodi ed alterazioni
Sebbene le informazioni raccolte siano sufficienti per valutare
l’autenticità della nostra caffettiera, tutti gli oggetti in argento di
una certa dimensione e peso realizzati in Inghilterra tra il 1720 ed il
1757 devono essere attentamente esaminati per capire se siano stati o
meno sottoposti alla pratica del cosiddetto 'duty dodging', vale a dire
degli espedienti adottati da alcuni argentieri finalizzati alla parziale
o totale evasione del dazio.
Il problema nasce nel 1720 in concomitanza della reintroduzione dello
'sterling standard', dopo più di un ventennio durante il quale era stato
obbligatorio il 'britannia standard' (vale a dire il titolo a
958,4/1000). In quella data viene imposto un dazio sulla produzione e
vendita di argenteria pari a 6 penny/oncia di argento.
Attualizzando il prezzo dell’argento ed il valore della sterlina a
quello odierno, ciò equivale, per un oggetto del peso di circa 800
grammi, ad una cifra attorno agli 80-90 Euro (il prezzo dell’argento nel
1745 equivaleva agli attuali 1400 Euro/kg).
Questa cifra che può sembrare irrisoria non era molto lontana da quanto
intascava l’argentiere per l’esecuzione dell’oggetto e la tentazione di
raddoppiare il proprio compenso era grande, nonostante la pena prevista
per la contraffazione dei marchi fosse quella capitale. Il trucco
consisteva nel mandare alla marcatura un piccolo oggetto (un cucchiaino
o una piccola saliera) sui quali si pagava poco dazio, per poi
ritagliarne i marchi per saldarli su pezzi di peso molto più elevato.
E’ evidente che questa è una frode fiscale più che un modo per
imbrogliare l’acquirente che comunque entrava in possesso di un pezzo
autentico ma, non di meno rappresenta un qualche cosa che tende a far
diminuire considerevolmente il valore del pezzo sul mercato
collezionistico.
Per capire se il pezzo sia stato o meno sottoposto a 'duty dodging'
occorre esaminare attentamente la posizione dei marchi. In questa epoca
questi potevano essere impressi alla sommità del corpo della
caffettiera, partendo dal manico (in questo caso sono sempre posti in
linea) o sotto la base della caffettiera (in questo caso il marchio
dell’argentiere era posto centralmente e gli altri marchi in cerchio, ad
una distanza all’incirca uguale dal marchio dell’argentiere).
Solitamente le caffettiere sottoposte a questa pratica hanno i marchi al
di sotto della base, essendo questa una posizioni 'nascosta' dove non
risulta subito evidente l’operazione di saldatura dei marchi trasposti.
In particolare se questi sono posti in linea al di sotto della base, si
è quasi certi che si tratti di 'duty dodging', probabilmente ricavati da
un cucchiaino (nota 2). Se sono posti in circolo occorre invece
accertarsi che sia rispettata l’equidistanza dal marchio centrale,
altrimenti, se risultano posizionati a casaccio, potrebbe trattarsi di
un 'duty dodging' (nota 3).
La presenza di marchi trasposti è spesso agevole da evidenziare in
quanto con il tempo le saldature (realizzate con argento a titolo
inferiore allo sterling) tendono ad ossidarsi segnando il contorno dove
sono stati saldati. In caso di dubbio è sufficiente alitare sui marchi
(o meglio scaldarli con una fiamma) per vedere se si forma un alone in
corrispondenza della linea di saldatura. Ma non si deve credere che
queste frodi siano sempre così semplici da mettere in evidenza
(ricordiamoci che l’argentiere rischiava la pena di morte o la
deportazione per diversi anni).
Una tecnica 'quasi' infallibile consisteva nel saldare al di sotto del
pezzo (solitamente caffettiere, teiere e grandi coppe a due manici) i
marci ricavati da una piccola saliera che veniva aperta e martellata
fino a ricavarne un disco di grandezza opportuna. La saldatura era
effettuata in corrispondenza di quella tra il corpo dell’oggetto, la
base ed il piedistallo, e per smascherare una simile pratica è
necessario smontare l’oggetto per evidenziare l’esistenza di un doppio
fondo. In questi casi un certo aiuto può essere fornito dalla presenza
dei cosiddetti “gost marks” vale a dire i segni lasciati dalla
punzonatura all’interno del pezzo.
Se questi sono presenti e se corrispondono come posizione a quelli posti
sulla parte esterna, si può escludere la presenza di un doppio fondo. Se
sono assenti i casi sono due: o si tratta di un 'duty dodging' o gli
stessi sono stati tolti dall’argentiere in fase di finitura dell’oggetto
(nota 4).
Detto questo e fatti gli opportuni accertamenti, non esiste evidenza,
nel caso della nostra caffettiera, di trasposizioni di marchi o di 'duty
dodging'.
9. Valutazione dello stato di conservazione e ricerca di eventuali
difetti e riparazioni
La valutazione dello stato di conservazione è essenziale in quando
un oggetto antico perde molto del suo fascino e del suo valore se
sottoposto ad importanti restauri, anche se ben eseguiti, o,
addirittura, ad aggiunte o rifacimento di intere parti.
In Inghilterra molti argenti hanno rappresentato veri e propri oggetti
d’uso comune per molte generazioni all’interno della stessa famiglia.
Non è quindi raro trovare oggetti sottoposti a riparazioni o con parti
risaldate.
Questo, tuttavia, rappresenta qualche cosa che il collezionista tende ad
evitare, preferendo oggetti non in perfette condizioni (sempre che
difetti non sono deturpanti) ma privi d’interventi posticci.
Occorre dire che eventuali aggiunte operate nell’epoca della nostra
caffettiera non erano soggette all’obbligo di marcature (che viene
imposto solo a partire dal 1797). Le parti riparate sono solitamente ben
visibili in quanto la lega utilizzata per la saldatura era a più basso
contenuti di argento e quindi di colore giallastro (in qualche caso
veniva utilizzato il piombo, col risultato che le saldature si
annerivano con il tempo).
Nel nostro caso è evidenziabile solo un piccolo restauro del pomello
all’interno del coperchio. La bava lasciata dalla saldatura è
inconfondibile in quanto difficilmente gli argentieri affrancavano il
pomello in modo tale che la saldatura fosse visibile nella parte interna
della caffettiera.
La presenza di ammaccature e striature non è invece un fattore
particolarmente penalizzante, a meno che queste non ne deturpino in modo
evidente la bellezza e la stabilità. Semmai qualche piccolo segno non fa
altro che conferire un po’ di carattere ad un oggetto antico, oltre al
fatto che trovare oggetti di 250 anni (soprattutto oggetti d’uso e non
da esposizione) intonsi come appena usciti da una fabbrica dovrebbe far
insorgere qualche sospetto.
Esaminiamo ora la condizione della superficie della caffettiera: questa
appare smussata dalle ripetute operazioni di pulizie che,
fortunatamente, non sono mai state tanto energiche da togliere o
compromettere la bellezza della patina che ha assunto con il tempo uno
splendido colore grigio.
Una profonda e non appropriata pulizia può rovinare irreparabilmente
l’oggetto, facendogli perdere parte del suo valore collezionistico ed
economico.
Sebbene non sia presente alcun stemma nobiliare, non sono evidenziabili
segni di abrasione o riduzione dello spessore di argento, per cui
possiamo concludere che la nostra caffettiera non è mai stata
personalizzata per incisione.
10. Catalogazione finale dell’oggetto
Possiamo ora catalogare la caffettiera come:
Caffettiera inglese di periodo Giorgio II, realizzata a Londra
dall’argentiere Thomas Whipham (marchio TW in carattere corsivo
maiuscolo in cartiglio contornante le lettere), e portante i marchi di
Londra del 1745/6: leone passante (garanzia del titolo 'sterling' per
l’argento inglese) e lettera dataria k, entrambi nel tipico cartiglio in
uso tra il 1739 ed il 1755).
Marchi di garanzia poco leggibili (illeggibile il marchio dell’ufficio
di controllo) e non presenti all’interno del coperchio (come in altri
esemplari dello stesso modello e dello stesso periodo).
Tipico modello('piega alla base') in voga tra il 1740 ed il 1750/60,
privo di decorazioni applicate sul corpo e non portante impresso alcun
stemma araldico. Modello con coperchio privo di invito interno.
Realizzazione completamente manuale: corpo realizzato con la tecnica di
'cucitura'; altre parti realizzate con tecnica del 'sollevamento a
martello' (coperchio, base e piedistallo) o a fusione (pomello,
beccuccio e alcune parti della giunzione del manico). Manico in legno di
albero da frutto non verniciato.
Dimensioni: altezza 25 cm, ampiezza alla base 12 cm; peso complessivo
820 g.
Stato di conservazione molto buono con manico e pomello saldamente
affrancati. Presenza di un paio di lievi ammaccature nella parte
inferiore del corpo e una lieve torsione del piedistallo che non ne
pregiudica la stabilità. Tracce di saldatura all’interno del coperchio
ed in corrispondenza del pomello, probabile conseguenza di una
riparazione.
Nessuna evidenza di trasposizione di marchi, alterazioni ed aggiunte
posticce.
Riassumiamo i vari passi delle verifica:
1. valutazione visiva dell’oggetto e rilievo dei dati fisici (peso e
misure);
2. ricerca ed esame dei marchi di garanzia, prima singolarmente e poi
nel loro complesso;
3. congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi e l’effettiva esistenza
in questa data dell’oggetto;
4. congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi ed il particolare
modello;
5. verifica dei dettagli del particolare modello (beccuccio, manico,
piedini, pomello, ecc.);
6. congruenza tra l’epoca suggerita dai marchi e lo stile delle
eventuali decorazioni presenti;
7. individuazione della tecnica di realizzazione e congruenza con
l’epoca dell’oggetto;
8. individuazione di eventuali frodi ed alterazioni;
9. valutazione dello stato di conservazione e ricerca di eventuali
difetti e riparazioni;
10. catalogazione finale dell’oggetto con inclusione di dettagli su
dimensioni, peso, argentiere, stile e modello, data di realizzazione,
città dove è stato realizzato e marcato, presenza di imperfezioni, danni
e riparazioni, frodi e addizioni posticce e altre informazioni che
possono accrescerne o diminuirne il valore collezionistico ed economico.
Note
(1) Il marchio dell’argentiere (iniziali del nome e del cognome) è
conforme ad un editto del 1739 con il quale si stabiliva la distruzione
di tutti i marchi utilizzati in passato (quelli costituiti dalle prime
due lettere del cognome e utilizzati per marcare gli argenti a titolo
'britannia') oltre a quelli costituiti dalle iniziali di nome e cognome
utilizzati per la marcatura degli oggetti a titolo 'sterling'.
E’ proprio dopo tale data che per diversificare i vari marchi, gli
argentieri tendono ad adottare marchi con le iniziali di nome e cognome
scritti in italico, gotico o corsivo.
(2) Attenzione a non generalizzare questa affermazione che ha valore
solo per gli oggetti realizzati nel periodo indicato e marcati a Londra
o in altri uffici allora operativi come Exeter e Newcastle. Ci sono
esempi di caffettiere marcate negli uffici di provincia (soprattutto a
Sheffield a partire dall’inizio del XIX secolo) con marchi posti in
linea nella parte al di sotto della base.
(3) Chi decideva la posizione dei marchi era l’argentiere, il quale a
lavoro ultimato e prima delle rifiniture finali, doveva marcare
l’oggetto ed inviarlo all’Ufficio di Controllo per la marcatura con i
marchi di garanzia.
Una volta che il titolo dell’argento era stato verificato e l’oggetto
marcato, il pezzo ritornava all’argentiere per la finitura.
Sono tuttavia note caffettiere, realizzate tra il 1745 ed il 1760 con il
marchio dell’argentiere posizionato sotto la base ed i restanti marchi
in linea, a partire dal manico, sotto l’imboccatura: non è chiaro se la
marcatura sia stata fatta volontariamente dall’Ufficio di Controllo in
quella posizione per ridurre il rischio di evasione del dazio.
(4) Una simile finitura era praticata soprattutto su zuccheriere e coppe
a due manici, ma raramente era eseguita sulle caffettiere nelle quali la
parte interna era solitamente lasciata allo stato 'grezzo' con evidenti
segni di martellature e saldature
Riferimenti bibliografici
Ian Pickford, 1991. Pocket Edition Jackson's Hallmarks: English,
Scottish, Irish Silver and Gold Marks from 1300 to Present Day. Antiques
Collector's Club, Woodbridge, Suffolk (UK)
Charles J. Jackson, 1964. English Goldsmiths and their marks - A
history of the goldsmiths and plate workers of England, Scotland and
Ireland. Seconda Edizione, riveduta e corretta. Dover Publications Inc.,
New York.
Seymour B. Wyler, 1937. The Book of Old Silver : English, American,
Foreign. Crown Publisher Inc. New York (USA).
Ian Pickford, 2003. Starting to Collect Antique Silver - Antiques
Collector's Club, Woodbridge, Suffolk (UK).
Peter Waldrom, 2001. The price guide of antique silver. Antiques
Collector's Club, Woodbridge, Suffolk (UK).
Giovanni Ciceri - 2005 -
http://www.argentinglesi.com
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