di Franco
Negrini e Francesca Rapposelli
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NOTE SULL'ARTE DEGLI OREFICI A MANTOVA
- prima parte -
La recente scoperta di un cucchiaio d’argento
segnato dal rarissimo punzone di garanzia con l’immagine
del cigno natante, ha offerto l’occasione per
ripercorrere l’evolversi della storia del sistema
punzonale per i manufatti d’argento a Mantova nei secoli
XIV-XIX.
La data che a Mantova si pone come l’inizio di una
regolamentazione imposta per proteggere il compratore
dalle frodi e garantire la qualità della lega
dell’argento è il 19 agosto 1310, quando sono
ufficialmente approvati gli statuti dell’Arte degli
Orefici dal capitano Rinaldo Bonacolsi. Inoltre, per
ribadire l’obbligo di adottare una lega predisposta
dalla zecca cittadina, e prescrivere nuove normative da
seguire nella lavorazione dei metalli preziosi, verranno
emanate, dal secolo XVI al XIX, numerose pubbliche Gride.
Il primo bollo di garanzia in uso a Mantova raffigura la
testa di Virgilio, emblema del Comune, delle sue antiche
magistrature e della zecca che, oltre a battere moneta,
aveva anche il compito di bollare i pesi, le misure di
capacità e di lunghezza se ritenuti conformi ai modelli
custoditi nel palazzo comunale
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Nel 1616, per iniziativa degli orefici mantovani,
l’immagine di Virgilio fu sostituita dal punzone del
Sacro Vaso, con l’approvazione del duca Ferdinando
Gonzaga che già nel 1611 aveva ottenuto dal pontefice
Paolo V l’Ufficio del Preziosissimo Sangue "da recitarsi
ogni venerdì per tutta la diocesi di Mantova".
Lo stesso Ferdinando, sempre nel 1616, ordinò che il
giorno 12 marzo fosse dichiarato festa di precetto in
onore del ritrovamento dell’eccezionale reliquia. Il
nuovo contrassegno segue la forma del Reliquiario del
Preziosissimo Sangue di Cristo e sarà ricordato come
calice, vaso sacro, pisside.
Esso presenta l’impronto rettangolare allungato
contenente il reliquiario con piede a campana, breve
balaustro con nodo a cui segue l’ampolla con le tre
porzioni di terra imbevuta del sangue di Cristo,
sormontata da coperchio e croce
(nota 1)
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Abbiamo moltissime testimonianze sulla forma degli antichi
sacri vasi d’oro sia nella monetazione gonzaghesca, sia in molti
ornati della basilica di sant’Andrea a Mantova che custodisce la
reliquia. Sant’Andrea fu il maggior cantiere cittadino per molto
tempo.
La sua storia è particolarmente lunga e travagliata ma
indissolubilmente legata alla conservazione e al culto del
preziosissimo sangue di Gesù. Eretta in epoca medioevale fu poi
ricostruita su disegno di Leon Battista Alberti a partire dal
1472, ma i lavori procedettero a rilento. Ben documentati
risultano gli interventi decorativi di fine Settecento nei quali
intervenne l’architetto Paolo Pozzo (Verona 1741 - Mantova 1803)
e l’orafo e ornatista Giovanni Bellavite (Verona 1739 - Mantova
1821).
Alla loro collaborazione si deve l’altare maggiore dove vediamo
nelle lesene laterali la foggia degli antichi Sacri Vasi
Di particolare importanza storica è la Grida datata 6 aprile
1621 poiché conferma il sistema bipunzonale decretato per
assicurare una maggiore garanzia di qualità della lega. Gli
oggetti in metallo prezioso dovevano quindi essere
contrassegnati da due punzoni: il primo simbolo, rappresentava
il marchio della bottega, impresso dall’orafo che aveva eseguito
l’opera, mentre il secondo simbolo veniva posto dalla zecca
cittadina dopo aver controllato la legittimità della lega del
metallo.
Nella seconda metà del secolo XVII, in seguito all’introduzione
di una nuova tassa per l’apposizione del bollo della zecca e
alle conseguenti rimostranze degli interessati, mutano le
modalità della punzonatura determinate anche dalla personale e
ambiziosa iniziativa dell’argentiere Gasparo Taliani.
Gasparo Taliani, nato a Pontremoli, in terra Toscana, giunse a
Mantova nel quarto decennio del Seicento. La città del ducato
mantovano ed il suo territorio mostravano ancora le gravi
conseguenze del sacco subito nel 1630 accompagnato dalla peste
che si portò via la maggior parte della popolazione. La
riduzione, in città, a seimila abitanti ed a poco più
ventiquattromila nel contado, testimonia la eccezionale durezza
del momento che il duca Carlo I Gonzaga-Nevers (1628-1637) seppe
affrontare dimostrando grandi doti di intelligenza e di capacità
organizzativa per promuovere la ripresa demografica e sostenere
sia le attività commerciali sia le attività agricole.
L’opera di ricostruzione, portata avanti anche dai successori
del duca Carlo I, soprattutto dalla duchessa Maria Gonzaga
(1637-1647) reggente per il figlio Carlo II Gonzaga-Nevers
(1647-1665) e poi da quest’ultimo nei suoi primi anni di
governo, ridiede speranza ma non fu decisiva per arrestare il
processo di decadenza iniziato con l’avventata politica del duca
Vincenzo II Gonzaga (1626-1627) e con la fine del ramo diretto
della famiglia Gonzaga.
Per riattivare l’agricoltura, l’industria e per aumentare il
numero dei residenti si stabilirono facilitazioni e privilegi
per coloro che fossero venuti ad abitare e lavorare nel ducato.
Furono certamente i privilegi concessi e le favorevoli
condizioni economiche, ad attrarre, invogliare e convincere
l’argentiere Taliani a trasferire la sua famiglia e la sua
attività a Mantova. Gasparo personaggio intraprendente, a volte,
sfrontato, non teme l’azzardo.
È forte in lui il desiderio di diventare cittadino mantovano
anche se le norme per ottenere tale promozione sociale
richiedono condizioni economiche, capacità professionali e
comportamento morale indubitabili. Infatti era necessario essere
residenti stabili da vari anni, avere acquistato proprietà
immobili nel ducato, esercitare una professione lecita per il
decoroso mantenimento della propria famiglia. Il toscano
orefice-argentiere non demorde e si impegna per conseguire
l’ambito riconoscimento; la produzione del suo laboratorio, dove
lavora anche il figlio Francesco, è di ottima qualità e positiva
l’economia della bottega.
Anche il Taliani, come tutti gli altri orefici-argentieri
del ducato mantovano, ha un suo punzone come richiedono le norme
relative al sistema bipunzonale allora vigente, per distinguere
i manufatti della bottega: l’impronta è rappresentata dal
crescente lunare con nel mezzo le lettere SIC
(nota 2). Un
importante e prestigioso incarico è affidato a Gasparo nel 1661,
infatti con approvazione ducale deve garantire, mediante la
prova del saggio, il titolo dell’argento impiegato dagli
orefici. L’azzardo del Taliani è forte, perché impone il suo
punzone, SIC, invece di segnare il manufatto con l’antico bollo
raffigurante il Sacro Vaso, suscitando l’ira dei colleghi.
Non è ritenuto giusto e tanto meno corretto tale comportamento,
perché chi acquista un oggetto con il bollo del crescente lunare
e le lettere SIC può credere che l’oggetto sia stato eseguito
nella bottega del Taliani. La questione sarà risolta, concedendo
al Taliani di mettere accanto all’antico bollo di garanzia il
proprio con il crescente lunare come ulteriore garanzia della
bontà della lega.
La norma sarà rispettata, avrà continuità nel tempo. Quindi il
bollo del calice, avrà funzione di bollo di territorialità,
mentre quello con il crescente lunare e le lettere SIC diverrà
il bollo di garanzia pubblica.
Dopo il 1661 il Taliani punzonerà i suoi manufatti con
l’immagine di un semplice calice simbolo della bottega e usato
poi dal figlio Francesco e dal figlio di quest’ultimo Gasparo
Cristoforo.
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sinistra: punzone del Sacro Vaso usato come
bollo territoriale
centro: punzone con lettere SIC usato come bollo di
garanzia pubblica (precedentemente era il bollo
della bottega Taliani)
destra: punzone del calice usato come simbolo della
bottega Taliani (assieme al punzone "SIC" divenuto
bollo di garanzia pubblica)
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Purtroppo sono pochi gli argenti dell’officina dei
Taliani giunti sino a noi
(nota 3):
non era infrequente la fusione degli oggetti d’argento
perché rovinati dall’uso, quindi non convenienti le
riparazioni o i rifacimenti secondo il gusto e lo stile
del momento.
Inoltre, nell’ultimo decennio del secolo XVIII si
susseguirono ben tre requisizioni di argenti imposte nel
1796 dal governo austriaco, nel 1797 e 1799 da quello
francese come aiuto necessario ai bisogni degli eserciti
in guerra.
Le requisizioni impoveriranno il patrimonio
storico-artistico mantovano di manufatti assai
pregevoli, di cui rimane qualche ricordo nei documenti
d’archivio
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L’aggiunta del terzo bollo segna il passaggio dal
sistema bipunzonale a quello tripunzonale.
Questi simboli, pur con leggere varianti, resteranno in
vigore almeno sino alle riforme napoleoniche.
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Contrassegnata da questi punzoni è la coppia di
candelieri attribuita alla manifattura dell’argentiere
mantovano Domenico Strada.
Opere di questo genere, solitamente prodotte in serie
per il grande uso che se ne faceva, mostrano uno stile
barocchetto molto apprezzato e diffuso nella seconda
metà del Settecento anche in Francia e Germania con
forme molto simili.
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Quindi la comprensione di questi piccoli marchi si
dimostra necessaria per una precisa attribuzione
dell'opera (a fianco un altro esempio).
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NOTE
(1) L’impronto nei primi decenni del
secolo XVIII assumerà la forma di un ovale allungato, mentre il
bollo del SIC, avrà le lettere non più nel crescente lunare ma
racchiuse in un cerchio. F. Rapposelli, Repertorio degli
orefici mantovani. Maestri, botteghe e punzoni dal XVII al XIX
secolo, in d’Oro e d’Argento, Castel Goffredo 2006, p. 166
(2) L’impresa del crescente lunare
con le lettere SIC fu adottata dal duca Vincenzo I Gonzaga nel
1595 in occasione della spedizione contro i Turchi in terra
d’Ungheria. Nessuno ha ancora svelato l’originale senso
dell’impresa nonostante la lunga e filosofica spiegazione di
I. Typotius nel saggio Symbola divino et humana pontificum
imperatorum regum. Accessit brevi set facilis Isagoge, III,
Francoforte 1642; o quella che si desume dall’opera di G.
Asiani, Istoria del Sangue tratto dal costato di Gesù Cristo per
Longino mentre pendeva in croce e per lui portato a Mantova,
Mantova 1609: essa non è né priva di logica né banale.
Sulle varie interpretazioni si veda: M. G. Grassi, I
medaglioni reliquiario di Vincenzo I Gonzaga, in "Civiltà
Mantovana" n. 21, 1988, nota n. 20, pp. 18-21; R. Signorini,
Stemmi, imprese e motti gonzagheschi, in Monete e Medaglie di
Mantova e dei Gonzaga dal XII al XIX secolo. La collezione della
Banca Agricola Mantovana, Milano 1996, pp. 128-129.
(3) Per ulteriori notizie
sull’attività dei Tagliani vedi: F. Negrini-F. Rapposelli,
Dal "SIC" del Taliani al "Cigno natante", in "Civiltà Mantovana"
n. 124, 2007, pp. 148-165
Franco Negrini e Francesca Rapposelli
- 2008 -
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Francesca Rapposelli è la curatrice del volume
"d'Oro e d'Argento - Giovanni Bellavite e gli
Argentieri Mantovani del Settecento" di cui è coautore
anche il Prof. Negrini
Il volume è stato edito in occasione della Mostra
presentata dal Gruppo San Luca Onlus, Castel Goffredo,
19 Marzo - 18 Giugno 2006 e contiene anche il
"Repertorio degli orefici mantovani. Maestri, botteghe e
punzoni dal XVII al XIX secolo"
Per informazioni su questo volume, contattare Corrado Bocchi: bocchi@email.it
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